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Ritratti: il grande Omar Sivori, articoli di Poddy e Bidescu

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Lorre
view post Posted on 21/3/2006, 01:34 by: Lorre




Enrique Omar Sivori nasce il 2 Ottobre 1935 a San Nicolas, borgata a duecento chilometri da Buenos Aires; si mette in luce nel River Plate grazie alle sue finte che umiliavano i portieri, in anni in cui il calcio argentino era straripante di campioni.Con Angelillo e Maschio, altri due oriundi, fuoriclasse veri, diede vita al "trio degli angeli dalla faccia sporca".

Fu Cesarini che lo segnalò alla Juventus e fu ingaggiato dal più giovane presidente d’Italia, Umberto Agnelli, all’epoca anche presidente della FIGC; lo portò in Italia pagando 180 milioni di lire al Boca Junior. Sivori non fu subito accolto in Italia dai consensi della critica. La sfortuna di un esordio agostano in notturna a Bologna suscitò qualche perplessità sul suo modo di interpretare il calcio e su come si sarebbe adattato al nostro.

Fu oggetto anche di critica satirica, definito argentino dall’arruffato testone, coi suoi calzettoni arrotolati alla caviglia. In breve tempo riuscì a smentire tutti i suoi critici! Accoppiato a Charles costituiva un tandem irresistibile, i suoi tunnel erano magie, nessuno era come lui nel far passare la palla in mezzo alle gambe degli avversari.

Non amava allenarsi ma in campo, in condizioni fisiche passabili, faceva la differenza, il suo gol era catturato nel vivo delle difese; irrideva i difensori coi suoi tunnel, li scartava uno dietro l’altro fino a quando si decideva finalmente a infilare la porta.

In campo, spesso, impazziva letteralmente, agiva sempre di testa sua, non obbediva a nessuno; viveva la partita in prima persona, tenendo palla come e quanto volesse. In campionato collezionò 215 presenze mettendo a segno 134 reti e divenne campione d’Italia nel 1958, 1960 e 1961. Fu capocannoniere con 27 reti nella stagione 1959-1960 e vinse il Pallone d’Oro nel 1961. Concluse la sua carriera nel Napoli.

Poddy

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«Omar Sivori è un vizio» soleva ripetere l’avvocato Giovanni Agnelli con un accostamento tanto colorito quanto efficace. Omar arriva da Buenos Aires nell’estate del 1957, grazie al programma del dottor Umberto Agnelli, che esige il rilancio della Juventus dopo cinque stagioni di vacche magre. Omar è uno degli "Angeli dalla, faccia sporca" del calcio argentino. Non è alto, ha un baricentro piuttosto basso, dettaglio importante per un calciatore, una zazzera corvina e lo sguardo pungente di chi ti vuole prenderti in giro.
Il resto della storia non ha misteri. Su di lui sono stati versati torrenti di inchiostro. Il suo è un calcio diabolico, cinico, quasi maligno, che nasce dal piede di un prestigiatore fatto per "pungere" i difensori e divertire il pubblico. La scuola argentina gli ha insegnato che innanzitutto conta il divertimento, lo spettacolo, il numero ad effetto del giocoliere. Omar, però, è anche essenziale. È perfetto nel "profilo", la posizione del corpo rispetto alla palla. Quando corre in linea retta verticale, per superare meglio chi gli si affianca si esibisce in ripetuti tocchi prima di cambiare direzione in diagonale, d’improvviso, con carezza d’esterno, proprio in mezzo alle gambe dell’avversario che sta effettuando la normale falcata. È il momento del "coup de théatre", il famoso tunnel. Questione di tempo e di coordinazione. Il pubblico delira. Omar è imprevedibile e fantasioso quanto istintivo. La sua grandezza si definisce soprattutto nella capacità di mantenersi freddo in area di rigore, là dove i calciatori di solito perdono la testa con entrate tempestose.
Per lui tutto è un gioco per ragazzi. Gli avversari non fanno complimenti, ma Omar è astuto come una volpe e difende la palla sollevando e inclinando il piede a protezione della stessa, in modo che l’avversario calci contro la pianta della sua scarpa. Quando supera il portiere lo fa con irriverenza, mai di forza e piuttosto con perfida delicatezza. Sfrutta con estrema abilità gli assist di John Charles, un gallese stupendo per generosità e forza penetrativa.
È un emotivo: quante volte lo si vede sbiancare prima di una gara importante. È terrorizzato dai viaggi in aereo. In campo non esibisce un bel carattere: è infatti squalificato per 33 giornate complessive. È il suo tallone di Achille. Il tallone di un campione immenso.
Tanti sono gli aneddoti da ricordare.
In un Juventus-Sampdoria portò la sua irrisione verso gli avversari ad un punto estremo: scartato anche il portiere, si fermò sulla linea con il pallone sotto la suola, aspettando il recupero del difensore avversario, e quando il poveretto (Vincenzi) si avventò a corpo morto, spostò il pallone indietro mandandolo a vuoto, per poi appoggiarlo in rete.
In una partita col Padova, la Juventus era in netti vantaggio quando, nel finale, venne concesso un rigore dubbio a favore dei bianconeri. I giocatori del Padova si arrabbiarono con l’arbitro, ma furono tranquillizzati da Sivori che promise al portiere patavino Pin che avrebbe tirato a destra. Il portiere, fiducioso, si buttò a destra ed Omar tirò a sinistra; quando il buon Pin gli chiese spiegazioni, lui candidamente disse che era la sua destra, non quella del portiere.
All’atto della presentazione, Sivori fece qualche palleggio davanti agli occhi dell’Avvocato, il quale, da grande intenditore, gli fece notare che era bravo, ma che non sapeva usare il piede destro. Omar prese il pallone e fece tre o quattro giri di campo palleggiando con il sinistro, senza mai far cadere il pallone. Poi si fermò davanti all’Avvocato e con la sua naturale sfrontatezza disse: «Secondo lei, cosa ci dovrei fare con il destro ???».
Sivori realizza 167 reti nelle 253 partite disputate in maglia bianconera. Vince tre scudetti e due Coppe Italia e ai aggiudica nel 1961 il "Pallone d’oro". Si trasferisce al Napoli nel 1965 per incompatibilità di carattere con Heriberto Herrera, il "sergente" paraguaiano. «Sivori come Coramini», aveva detto il “ginnasiarca”. Per Omar, da quel giorno, cominciano a sognare i tifosi partenopei.

BIDESCU

Edited by Lorre - 22/3/2006, 01:25
 
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