La Juventus è un qualcosa di decisamente anomalo rispetto a tutto il resto del calcio italiano poichè da sempre, storicamente, rappresenta un modo diverso, in un certo senso alternativo rispetto alla tradizione nazionale, di interpretare questo sport.
Partiamo dal primo mito da sfatare. La Juventus è inequivocabilmente, fortemente, orgogliosamente torinese: è sabauda nel sangue, rappresenta la squadra dell'aristocrazia, della borghesia subalpina, per diritto di nascita a partire dalla panchina su cui la nostra storia ha avuto inizio: il 1° Novembre 1897. E questo perchè? Perchè è la stessa Torino ad essere un'anomalia per l'Italia, mai amata, più che altro sopportata in quanto utile, spesso più invidiata che ammirata, e all'occasione infangata o derubata con malcelata soddisfazione. La Juventus si amalgama perfettamente a questo stato oggettivo. E poi ci sono gli Agnelli, altro fattore che la lega indossolubilmente alla propria città. Torino, Juventus, Agnelli: già scrivere di seguito queste tre parole può aiutare a capire tante cose... e tanto livore. Analizzando perciò in profondità l'origine delle due maggiori squadre torinesi i dubbi su chi rappresenti davvero l'indole della città sorgono eccome e la risposta alla fine non è che sia così scontata come alcuni spesso amano sbandierare. Citare unicamente l'anno di fondazione sarebbe riduttivo.
Ciò premesso, si può perciò tranquillamente affermare che la Juve sia fortemente dinamica per genesi, proprio perchè rappresenta in tutto e per tutto una parte d'Italia estremamente fattiva, intraprendente per questioni storiche, industriali e sociali, ma nel contempo signorile, ragionata, priva di quella superbia, di quella supponenza che invece si può ritrovare in Milan e Inter, anch'esse palesemente figlie della loro realtà locale. La Juve s'impone, vince, ma lo fa sempre con sostanziale distacco, col fare elegante di un'agiata e colta signora che lascia alle altre le beghe di cortile, che non ha bisogno di "blagare", di farlo pesare, di strombazzarlo ai quattro venti.
Proprio per questa sua atipicità rispetto a tutti gli altri, per questo suo modo di essere, dal retrogusto francese, se mi passate il termine, la Juventus da sempre la si ama o la si odia, perchè alla fine ha finito per offrire un'alternativa al tradizionale modo di tifare, di gran lunga superiore agli altri grandi club italiani. Non credo sia questione di politica ma più un modo di essere, di vivere il calcio che ognuno di noi ha. In poche parole: se non la capisci non puoi amarla e le cose che non riesci a capire spesso e volentieri finisci per odiarle.
Tifare Juventus sostanzialmente è un modo per non omologarsi al campanile, anche nella stessa Torino. Resta e resterà sempre una scelta netta, una presa di posizione che ti "determinerà", che ti collocherà in uno fra due schieramenti ben definiti, senza possibilità di simpatie, di solidarietà, di grigi intermedi, nemmeno da chi col calcio ha proprio nulla a che fare: juventino o antijuventino. E' assai più di una semplice rivalità sportiva. Non credo che in Italia esista storicamente un altro dualismo così duraturo e resistente, fortemente radicato nel costume. In un contesto storico e sociale fatto di un'infinità di rimestamenti, di colori cangianti e di innumerevoli sfumature di grigio, il bianco e nero rappresenta ancora oggi un simbolo su cui catalizzare due fazioni fortemente antitetiche, senza possibilità di conciliazione, senza possibilità di intercessione alcuna..... e in fondo, chi tifa Juventus, da Bolzano ad Agrigento, questo lo sa benissimo, perchè la vittoria alla fine assume sempre un gusto speciale, capace di abbattere anche le insidie dell'abitudine.
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